Leonardo

Fascicolo 5


Delle esaltazioni
di Perseo (Giovanni Costetti)
pp. 6-7
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L'ARTE

La pittura è una poesia che si vede
LEONARDO

Ho avuto a volte l'immagine dell'Arte nella visione d'una mirabile creatura dalle carni materiate d'oro e dai capelli color fiamma, inghirlandata di fiori, vestita di porpora e di rosso vivo, coi belli candidi piedi ignudi. L'ò veduta aggirarsi fra paesaggi insoliti, sotto cieli verdi e sorridere incantando.
   Doveva infatti questa creazione misteriosa per l'amore che di lei mi anima si fattamente da non essere immaginato più alto, apparirmi in visibile aspetto di donna e in tale aspetto da non descriversi perchè supremo di bellezza. Ella mi apparve quando ancora i miei occhi cercavano, aperti alla meraviglia, nel mistero delle cose, nell'anima di quelle cose apparse a me e apparenti, improvvise, non pensate, ma accolte con gioia o inesplicabile tristizia. E creò in me lentamente il poeta.
   Ora vi dirò quale amore le dono e quanti suoi sorrisi e sue magnificenze mi dona: vi dirò quello che ò compreso di lei, di lei avvolta ancora nel più grande mistero.
   Ella è un amore per il quale si è liberi come nessuno, e perciò tutti coloro che l'amano la dicono liberatrice. E invero è per noi uomini di amore la più alta significazione spirituale. Dissi di averla veduta in paesaggi insoliti, aggiungerò che ella cammina nei giardini del sogno.
   E il sogno è la sola realità alata, il creatore impetuoso di straordinari fatti; ed è fuggevole e vario. La presenza della mirabile creatura lo rivela agli iniziati, ai quali viene così donato, acciò godano dí suo vivere e ne celebrino le beatitudini.
   Noi possiamo dire che l'Arte è la massima ricchezza che orna la vita e le cose tutte, essendo di esse la luce, il colore, la parola, il gesto più perfetto. Anzi la direi la stessa creatrice della vita, giacchè sempre ne determinò l'esaltazione.
   Quando il mondo nelle sue formule divenute conoscenza d'ognuno, nelle sue immagini, nelle sue conquiste superabili, invecchia, compito dell'Arte è di condurre a nova giovinezza le cose che l'abitudine e lo sfruttamento resero decrepite.
   Dissero che l'Arte non esiste senza suggestione; e infatti come potrebbe assurgere alla più alta importanza, se l'artefice e il goditore che traggono gioia l'uno dall'evocazione della sua anima mediante la natura , l'altro da uguale evocazione mediante l'opera d'arte non fossero invasati da un amore, da una meraviglia non comuni, dettate entrambe da mirabili mezzi?
   Suggestione esiste per l'artista e veramente le sue opere degne sono quelle che dettò un moto dell'animo commosso o da esultanza o da dolore.
   Suggestione esiste per l' iniziato, pel goditore.
   La meraviglia che li invade, le immagini evocate in loro dall'opera d'arte, tutta la loro gioia, la loro riconoscenza dicono chiaramente che qualcosa di loro fu rivelato — una potenza, un valore sconosciuti — e confermano la verità che credo, cioè che l' arte è suggestione.
   Invero, pare, non bastino per noi, inseguitori di fantasmi e di regni novi, le cose di natura. Oltre il visibile e sensibile mondo delle forme noi ne possediamo un altro più profondo e di cui non ci è dato esplorare tutta la vastità e distinguerne le bellezze. Però l'arte è la maga che lo forma e ce lo chiarisce, con meravigliosi mezzi, se non tutto, in parte. Ò parlato del nostro mondo interiore il quale è per noi, spiriti lucidi, il più grande ed il più vissuto.
   L'arte ci dà la poesia per gli occhi e crea chiese, palazzi, orti meravigliosi che popola di statue, di quadri e di fontane; e non solo dona questi favori agli umani, ma concede alla nostra visione di paesaggi, di uomini, di cieli, di gesti belli, l'idealità più alta e tutto trasfigura. Ci parla anche con voci sommesse o accenti alti e armoniosi e ci dà poeti, tragici e prosatori grandissimi e noi ci muoviamo dalla nostra povertà verso la loro dovizia come chi da notte si muove contro all'alba.
   Ci immerge ancora in estasi, in tristezze o in entusiasmi potenti con dei suoni; siano di campane invisibili, di fontane nei giardini, di melodie , di violoncelli e d'altri strumenti umani; e ancora ci dona favori e beatitudini.


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   Per lei sappiamo le voci della natura e non ci è più mistero il respiro delle cose silenziose. Per lei i silenzi diventano musicali e popolati di fantasmi e d'eroismi.
   Ci toglie alla vita arida, sofferta, alla vita che invecchia, e ci tiene perennemente fra la giovinezza.
   Fu detto che l'arte è fatta per gli artisti, per coloro che la coltivano; eppure essa serpeggia in tutta la vita, coscienti gli uomini o incoscienti, allorquando un grande creatore getta un grido di conquista, che va da un polo altro.
   Fu detto che l'arte è un dono concesso agli uomini dagli dei per rivelare la natura, ma noi crediamo l'opposto e cioè che nessuna potenza superumana ci fece dono di valori e ammettiamo unicamente la nostra potenza creatrice dell'altrui, la quale come tale è superiore e dominante.
   L'autore delle Intentions afferma che la natura di per sè stessa non à valore estetico e che l'artefice è il signore che la trasfigura, creandola conforme alla propria visione interiore. Infatti noi siamo coscienti che gli alti stati dell'animo nostro evocano e aggiungono alle pallide cose intorno e a noi lontane, la nostra entità facendone dei rari strumenti di nostra gioia. L'eroe si trova in mezzo alla vita come in mezzo a deserto; e perchè dovrebbe trovarsi in doviziosa foresta? Per non creare? Ed egli fa il deserto, quando tiene in suo pugno i formidabili mezzi che lo fanno iddio, tutto il suo reame.
   Non potrei mai dire tutte le conquiste che l'arte à aggiunte alla vita, ma non ignoro che la liberatrice porge le belle mani alla storia e ce la conduce trasformata talmente, talmente arricchita da rivelarcela come un grande sogno, facendola assurgere alla leggenda.
   E attraverso il lume dell'arte, vediamo il Ricordo dischiuderci le porte che chiamiamo del passato e venire a noi infinite generazioni confusamente venire a noi i re, le belle dame, i guerrieri generosi e terribili, gli uomini grandi come Omero, Dante, Michelangelo, Leonardo e Poe. Assistiamo a guerre cruentissime, a tornei memorabili, ad atti entusiasmanti. Pensiamo foreste interminabili, agitate dai venti come mari, grandi città distrutte. e mille e mille altre immagini. E tutte queste cose non sfiorano la realtà volgare, non ci sembrano, come quelle che ci appariscono nel piccolo mondo, poco simpatiche; gli uomini sono creature dissimili dalle viventi, più interessanti le città, creazioni insolite e superiori; parrebbe che nulla di comune esistesse fra il mondo passato e il nostro.
   Quest'alta visione del passato, questa fede nelle grandi creazioni ci spinge al bisogno di liberarci da ogni angustia presente, di ingrandirci l'orizzonte, i cieli del nostro mondo.
   Il quale invece disdegna l'arte in colui che la coltiva, e non s'accorge del valore di essa.
   Ma l'arte si difende sempre sopra agli orizzonti come meravigliosa alba e assurge infinitamente.
   E noi altamente ne professiamo la religione.

L'ARTISTA

   Ò accennato all'arte con immagine vecchia ed ora dirò di colui che la diffonde. Dalla gente nasce a volte qualche creatura di vita, che il mondo non può dominare ed onora di disprezzo.
   Lo spirito sorto a rivelare, giovinetto ancora, vede non come altri e inesperto e pauroso, quasi teme questa sua distinzione poiché gli uomini stoltamente posero in germe in lui qualcosa di loro vecchiaia insegnandogli l'imitazione e esortandolo a combattere le inclinazioni che urtano la società ed a infrenare i suoi slanci ardimentosi acciò la sua individualità pericolosa non emerga nel loro ambiente impersonale.
   Ma l'inesperto che à temuto, nella credenza che non godere le altrui facoltà sia miserevolezza; non rimane lungamente ingenuo e via via il mondo nemico gli si presenta lucidamente. E nascono allora in lui, i più Santi odi, í più profondi affetti e le più superbe aspirazioni. Ed eccolo allontanato dai dissimili, in una virile solitudine che alcune anime a lui affini non turbano. Si afferma cosi, liberamente, scegliendo quella fra le arti che più ama. Poiché egli vede le cose non per riflesso, cosi dice novellamente sentimenti e immagini che altri già impresse di fisionomia distinta, in un modo personale, aumentando o trasformando il loro valore conosciuto
   Ma assisto ín questa epoca di mediocri, ad un'audacia senza nome. Vedo i Piccoli, i cosi detti spiriti moderni, agitarsi ridicolmente, e li sento alzare le stridule voci d'eunuchi e li ascolto mentre bandiscono il villano verbo dell'arte democratica e follaiola. E vedo una folla innumerevole, indistinta, quasi una grande nebbia, e mi accorgo che essa ascolta poichè clamori d'approvazione turbano il silenzio che noi fecondammo di voci misteriose e di visioni eroiche. Tutte le tradizioni gloriose sono bandite - rinnegato il passato artistico perchè troppo sublime. La folla vuole artefici che scendano a lei, non che s'innalzino sopra gli orizzonti. Ella à delle piccole passioni de!li odi, degli scoppi di gioia grossolana che devono essere celebrati e chiama alla raccolta i suoi fidi coi quali si commuove e tripudia. Ed essi creano l'arte, la poesia, la musica nuova, lo stile liberty, la letteratura sociale come se non bastassero i romanzieri francesi d'appendice e la musica popolare che esiste già nelle canzonette e nei ballabili da fiera.
   E provino i cultori dell'arte ad alzare la voce in difesa della Bellezza oltraggiata. A mille a mille (altro che funghi!) sorgono contro di loro gli uomini che si impongono per la viltà del numero, incapaci di poter vincere altrimenti, mancando di qualità eminenti.
   E addio bella distinzione. che noi chiamammo scelta - ormai tutto può essere materia d'idealizzazione. Un pittore può, oggi coi mezzi meravigliosi che possiede fare di una stufa il simbolo del calore; un letterato dimostrare con immagine poetica che lo sterco à il bel colore dell'oro profondo e cosi di seguito.
   Il nostro torto fu di non trarre da ogni cosa motivo d'arte; fummo dei circoscritti - ì nostri occhi ritornarono al passato, mentre coloro che creano lo stile liberty preparano l'avvenire. Noi retrocediamo, loro proseguono; se non credete a questo chiedetelo a qualcuno che non ci comprenda e ve ne darà solenne conferma.
   Però in mezzo alla nuova invasione barbarica di falsi artisti, questo e il passato secolo dettero alcuni grandi artefici: Puvis de Chavannes Bochlin - Fontanesi - Rodin - Meunier - Segantini - Galli 1 e tanti altri. Voglio ricordare Segantini che la nostra mediocre Italia già dimentica e di cui lascia acquistare a paesi stranieri la meravigliosa produzione. Egli è tale gloria nell'arte pittorica moderna mondiale da non esser possibile il contrapporgli rivale vittorioso. Il grande pittore dello sguardo d'aquila, morto fra le sue alpi - dico fra le sue alpi poichè egli ci donò una visione singolarmente grandiosa di quelle che noi eravamo soliti vedere con comune sguardo dico - fra le sue alpi poichè egli le creò di valori che noi ignoravamo - Giovanni Segantini a da essere vivo vivissimo per i vivi. Pensiamo un poco all'importanza che egli, altri grandi ànno. Occorre a noi in questo esame un profondo entusiasmo e un anima tesa come arco verso la bellezza che ci porgerà qualcosa ancora di nostra ricca anima.
   Noi siamo ben avidi di nuove essenze; freme nel nostro sangue un'indomita giovinezza; e gli uomini ci vedono ovunque sia un valore, una conquista.
   Ora indugiamo un istante a contemplare il pittore dell'Engadina: amate voi le cose possenti, vaste? gli orizzonti, il cielo diurno, le grandi montagne, le foreste? amate voi i fiori, gli stagni, i laghi? amate voi i greggi, le case rustiche, gli aratri, i contadini laboriosi? Giovanni Segantini amò tutte (e altre ancora) queste belle cose. Egli ci dà un senso :altissimo di poesia alpestre, di poesia solatia e nevosa, di natura vasta, di cieli immensi scrutati dal suo occhio spirituale, si profondo ed attento. E queste bellezze sono sentite da lui con amore infinito e noi lo sappiamo e ci rimane di questo grande suo affetto alta stupefazione. Si apre allora un altro vano più alto di nostr'anima e maggior vita godiamo. Io ripeto che quando un'artista ci dà la rivelazione di una natura che noi amavamo guardare di sguardo mediocre, amare debolmente, e ce la mostra superiore, noi dobbiamo gridare al miracolo poichè il miracolo e realmente avvenuto e noi ne godiamo le conquiste.
   Siano dunque gli uomini che amano, riverenti verso questo grande signore che à nome umano di artista, poichè per lui siamo giunti a la coscienza consolatrice che ci dice come nessuna cosa invecchi se il nostro sguardo è spirituale, il nostro amore infinito e nessuna legge limitatrice di pensiero ci rende piccoli. E ricordino ancora gli iniziati che l'artista non conosce delle cose un solo aspetto come avviene invece degli uomini cui gli occhi, il cuore, l'intelletto ricevono l'altrui riflesso e non l'altrui ricchezza - egli sa che ogni rivelazione di luce è una celebrazione nuova delle cose le quali per essa trasmutano si fattamente da non essere riconoscibili che per via d'abitudine. Egli sa che non è possibile vedere sotto un uguale aspetto un oggetto anche immobile, poiché non sono possibili ín noi due stati d'animo che si ripetano, poichè la luce che illumina le cose non ripete mai uno stesso gioco.
   L'artista à in tutti i tempi un uomo il quale à tentato e tenta rivelarlo al mondo. Ma che cos'è il critico? E uno spirito che parla coll'opera dell'artefice medesimamente come questi colla natura. Egli aggiunge dunque a opera d'arte opera d'arte.
   E dica questo critico agli uomini ai quali si rivolge che se a lui il quadro o il poema che giudica si rivela sotto un personale aspetto, essi non si arrendano alla sua visione, ma facciano, come egli fa, altra opera creatrice e personale di fronte a quella dell'artefice e alla sua.


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